GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SUL MAR MEDITERRANEO.
Il mar Mediterraneo è un mare intercontinentale situato tra Europa, Nordafrica e Asia occidentale connesso all'Oceano Atlantico. La sua superficie approssimativa è di 2,51 milioni di km² e ha uno sviluppo massimo lungo i paralleli di circa 3 700 km. La lunghezza totale delle sue coste è di 46 000 km, la profondità media si aggira sui 1 500 m, mentre quella massima è di 5 270 m presso le coste del Peloponneso. La salinità media si aggira dal 36,2 al 39 ‰. La popolazione presente negli stati bagnati dalle sue acque ammonta a circa 450 milioni di persone. Il Mare Mediterraneo rappresenta una delle regioni più soggette all’aumento delle temperature e alla riduzione delle precipitazioni. Il Mare Nostrum sta rispondendo al fenomeno del riscaldamento globale più velocemente degli oceani, anche perché i tempi di ricambio delle sue acque sono relativamente più brevi. Il Mediterraneo si sta scaldando due volte e mezzo più velocemente di quanto avveniva in passato. Dalla fine del 1993 a oggi la temperatura e la salinità dell’acqua proveniente dal Mediterraneo orientale, tra i 300 e 600 metri di profondità, hanno subito rilevanti variazioni. In particolare, la rapidità con cui l’acqua si sta scaldando e aumentando il suo contenuto di sale è cresciuta di due volte e mezzo rispetto a quanto si osservava nelle stesse acque nella seconda metà del XX secolo. I nuovi studi evidenziano cambiamenti molto repentini nelle caratteristiche di questi due indicatori, che sono la rapidità con cui l’acqua si sta scaldando e aumentando il suo contenuto di sale. Per circa mezzo secolo il contenuto salino e di calore è aumentato gradualmente, mentre dal 2005 i parametri stanno crescendo a velocità doppia rispetto al periodo 1960-2005. Da allora si parla di transizione del Mediterraneo occidentale, un periodo di eventi di formazione di grossi volumi di acqua profonda particolarmente calda e salata, che ha segnato l’inizio di un drastico mutamento nella struttura degli strati intermedi e profondi del bacino occidentale. Questi dati suggeriscono quindi una veloce transizione verso un nuovo equilibrio che si riverbera sull’ecosistema marino profondo. I cambiamenti climatici e le loro conseguenze sulle acque del Mar Mediterraneo si stanno già ripercuotendo sull’intero ecosistema marino. Basti pensare all’aumento di meduse nel Mediterraneo, con avvistamenti che in sei anni, dal 2009 al 2015, sono aumentati a dismisura e lungo le coste italiane si sono addirittura decuplicati. A proposito di avvistamenti, nel Mediterraneo vi è un aumento vertiginoso anche nuove specie di pesci e animali marini finora sconosciuti. Uno di questi, ad esempio, è il pesce scorpione, varietà tropicale che dopo aver colonizzato gran parte delle coste Atlantiche occidentali e il Mediterraneo orientale, si è avvicinato sempre più anche alle coste siciliane. Con l’aumento delle temperature dell’acqua nel Mediterraneo ci potrebbero infine essere dei danni ingenti anche alla fauna ancorata ai fondali, comprendente coralli, gorgonie e cozze. I pesci si possono spostare verso acque più fresche, in profondità o in mare aperto, mentre questi organismi no. E per l’ecosistema sarebbe un problema enorme. Il cambiamento climatico sta riscaldando gli oceani, causando l’acidificazione degli ambienti marini e modificando i modelli meteorologici. Questo insieme di fattori spesso non fa che aggravare la pressione esercitata dalle attività umane sui mari, causando la perdita della biodiversità marina. Molte vite umane dipendono appunto dalla biodiversità e dalla conservazione degli ecosistemi marini: è quindi necessario agire in fretta per contenere il surriscaldamento degli oceani, riducendo sia le emissioni di gas velenosi che non gettando rifiuti in mare.
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