I DISASTI PETROLIFERI IN MARE
Per disastri petroliferi si intendono inquinamenti ambientali causati dal rilascio di grandi quantità di greggio nell'ambiente.
Il greggio ha un peso specifico minore dell'acqua, per cui inizialmente forma una pellicola impermeabile all'ossigeno sopra il pelo libero dell'acqua, causando oltre agli evidenti danni per fenomeni fisici e tossici diretti alla macrofauna, un'anaerobiosi che uccide il plancton. La successiva precipitazione sul fondale replica l'effetto sugli organismi bentonici. La bonifica dell'ambiente danneggiato richiede mesi o anni. Il rilascio del petrolio è in genere causato dagli umani, tuttavia può in certi casi essere causato da eventi naturali, quali ad esempio fratture del fondo marino. Non è facile stabilire la quantità di idrocarburi che si perde ogni anno in mare, tuttavia le stime di tali perdite sembra che si aggirino su una media di 4 milioni di tonnellate l'anno per tutto il pianeta e di 600.000 tonnellate per il solo Mediterraneo. Il petrolio ha effetti dannosi agli animali che si immergono in queste perdite delle navi petrolifere. Negli uccelli il petrolio penetra nel piumaggio, riducendo la capacità di isolante termico (rendendo gli animali vulnerabili alle escursioni termiche ambientali) e rendendo le piume inadatte al nuoto e al volo, per cui gli uccelli non hanno la possibilità di procacciarsi il cibo e di fuggire dai predatori. L'istinto degli uccelli li porta a pulirsi il piumaggio con l'uso del becco, ma in questa maniera ingeriscono il petrolio, con effetti nocivi per i reni, il fegato e l'apparato digerente; questi ultimi effetti all'organismo, assieme all'incapacità di procurarsi il cibo, porta alla disidratazione e a squilibri nel metabolismo. A questi disturbi possono aggiungersi effetti, che per un meccanismo a cascata si ripercuotono in alterazioni ormonali. Il petrolio grezzo infatti possiede spesso una carica elevata di composti aromatici policiclici, spesso coinvolti in meccanismi biologici nel vasto ambito degli interferenti endocrini. Allo stesso modo degli uccelli, i mammiferi marini che sono esposti al petrolio presentano sintomi simili a quelli che si hanno negli uccelli: in particolare la pelliccia delle lontre di mare e delle foche perdono il loro potere di isolante termico, causando ipotermia. Contro questi tipi di disastri ambientali sono state avanzate proposte di modifica o sostituzione degli scafi di una petroliera come ad esempio l'introduzione del doppio scafo aumentando di molto la sicurezza. Gli incidenti: 3 giugno 1979: esplode nel golfo del Messico il pozzo 'Ixtoc Uno', circa 600mila tonnellate di petrolio finiscono in mare. 20 luglio 1979: collisione, al largo di Trinidad e Tobago, tra le navi liberiane "Atlantic Express" e "Aegean Captain'', in mare finiscono 272mila tonnellate di petrolio. Marzo 1983: durante la guerra Iraq-Iran, è danneggiato il terminale petrolifero iraniano di Nowruz sul golfo Persico, da cui fuoriescono oltre 600mila tonnellate di petrolio. 24 marzo 1989: nel golfo dell'Alaska, la petroliera americana "Exxon Valdez" si arena e 40mila tonnellate di greggio finiscono in mare contaminando circa 1.600 chilometri di costa. 11 aprile 1991: nel Mar Tirreno, al largo di Arenzano, sulla petroliera cipriota "Haven" scoppia un incendio che affonda la nave. Circa 50mila tonnellate di petrolio finiscono in mare. 12 dicembre 1999: La petroliera Erika si spezza in due davanti al Golfo di Biscaglia, fra Francia e Spagna. In mare 20mila tonnellate di greggio di una partita destinata all'Italia: contaminati 400 chilometri di costa. 19 gennaio 2001: la petroliera "Jessica" si incaglia alle Galápagos: fuoriesce un milione di litri di carburante 19 novembre 2002: la petroliera "Prestige" affonda al largo della Galizia e perde 7mila tonnellate di olio combustibile, inquinando quasi 300 km di costa e 1.500 kmq di oceano. Dopo il disastro la nave viene sigillata con 700 tonnellate di olio, ma nel novembre 2006 una falla provoca un nuovo sversamento. 11 dicembre 2004: la nave malesiana "Selendang Ayu" si spezza in due nel Mare di Bering, vicino all'Alaska: due milioni di litri di carburante si spargono in acqua. 7 novembre 2007: un porta-container urta uno dei piloni del Golden Gate Bridge di San Francisco: persi 200mila litri di carburante. 20 aprile 2010: esplode la piattaforma "Deepwater Horizon" della Bp a 66 chilometri al largo della Louisiana, provocando la morte di 11 operai. La struttura affonda e finiscono nel Golfo del Messico cinque milioni di barili di greggio. È la maggiore perdita offshore della storia. 16 agosto 2011: fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma "Gannet Alpha" di Shell nel Mare del Nord, a 180 km da Aberdeen, in Scozia. 11 ottobre 2011: Il cargo liberiano "Rena", incagliato a 22 km al largo di Tauranga in Nuova Zelanda, minaccia la barriera corallina Astrolabio con 1.700 tonnellate di idrocarburi.
Il naufragio della petroliera Haven Il naufragio della petroliera Haven è stato un grave incidente marittimo avvenuto l'11 aprile 1991 causato da una grande esplosione avvenuta a bordo della superpetroliera VLCC Haven. Nell'incidente morirono quattro membri dell'equipaggio ed il comandante. Attualmente il relitto si trova su un fondale di circa 80 metri nelle acque antistanti Arenzano. Si tratta del più grande relitto visitabile da subacquei del Mediterraneo, e uno dei più grandi al mondo. L'affondamento causò la perdita di migliaia di tonnellate di petrolio che ancora oggi inquinano il mare antistante Genova. L'11 aprile 1991, il giorno dopo il naufragio della Moby Prince, alle 12:30, durante il travaso del carico da prua a centro nave, forse per il malfunzionamento di una pompa, si verificò un'esplosione che fece saltare cento metri di coperta nella parte prodiera, in un tratto di mare profondo 94 metri davanti a Voltri. Durante la notte la nave in fiamme si spostò in direzione di Savona. Il giorno successivo fu trainata tra Cogoleto e Arenzano; durante l'inizio dell'operazione di traino, la parte prodiera, indebolita dalle esplosioni, si staccò dal resto dello scafo. La parte distaccatasi, lunga 95 metri, si adagiò a 470 metri di profondità. Il mattino del 13 aprile altre esplosioni scossero il relitto, esplosioni dovute probabilmente al surriscaldamento delle cisterne non ancora interessate all'incendio. Grazie alla prontezza risolutiva dell'Ammiraglio della Marina Militare (comandante del porto di Genova) fu evitato un grave peggioramento. Egli lavorò duramente per contenere il petrolio fuoriuscito in mare (ed in fiamme), mediante la istituzione di barriere di contenimento in un'area circoscritta, ed organizzò, per quanto possibile, il recupero di una parte del greggio. Una debole brezza da settentrione, ed il mare sostanzialmente quasi calmo, limitarono lo spiaggiamento del greggio nei primi giorni del disastro, la brezza da nord evitò inoltre che la grande eruzione di fumo nero raggiungesse gli abitati sulla costa. Alle 9:30 del 14 aprile la petroliera concluse la sua agonia con un'ennesima esplosione, che la fece affondare ad un miglio e mezzo dal porto di Arenzano, tra Arenzano e Cogoleto, su un fondale di 80 metri. Nei giorni seguenti l'incidente, nonostante l'intervento di una eterogenea flotta di mezzi navali in missione anti-inquinamento, dai cacciatorpediniere della Marina Militare ai mezzi del porto di Genova, un debole scirocco travolgeva le barriere che i numerosi volontari avevano sistemato lungo i litorali più esposti, causando importanti spiaggiamenti di greggio da Arenzano ad Albissola Marina. Fu il più grave disastro ecologico nel mar Mediterraneo. Bruciarono circa 90 000 tonnellate di petrolio greggio delle 144 000 presenti al momento dell'incidente oltre alle circa 1000 tonnellate di combustibile. Una parte del carico, stimata in una quantità compresa tra 10 000 e 50 000 tonnellate, (soprattutto le componenti più dense del greggio) è deposto tuttora negli alti fondali tra Genova e Savona. Il relitto ha la coperta a quota −54 metri, e il castello di poppa si eleva fino ad una profondità di 36 metri, che corrisponde circa al livello a cui è stato tagliato il fumaiolo, che rappresentava un pericolo per la navigazione. Dal 2001 una commissione istituita presso l'Assessorato all'Ambiente della Regione Liguria è incaricata di realizzare interventi e sperimentazioni di bonifica anche del relitto. Le due bonifiche di rilievo sono state quella del 2003 e quella del maggio 2008, attualmente classificata come "definitiva", comprendente il monitoraggio complessivo dello stato del relitto e il pompaggio di idrocarburi residui dai locali interni della nave.
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