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L'autorespiratore ad ossigeno

L'autorespiratore ad ossigeno (ARO) è un apparecchio per la respirazione autonoma subacquea. La sua progettazione risale al 1876 dall'ingegno di Henry Fleuss, poi sviluppato sia dall'azienda germanica Dräger (tuttora presente nel campo delle apparecchiature di autorespirazione) che dall'americano Charles "Swede" Momsen e dal britannico sir Robert Davis. Ideato come apparecchio di respirazione per il soccorso nelle miniere invase da gas asfissianti, durante la II guerra mondiale tale apparecchio venne modificato ed adattato all'uso subacqueo per i primi incursori militari, i famosi Uomini Gamma della Xª Flottiglia MAS. L'ARO si dimostrò subito utile sia in campo subacqueo che sui sommergibili, per accedere ai locali in caso di fuga di cloro dalle batterie. Dal primo prototipo nacquero altri tipi perfezionati che entrarono a far parte delle principali marine militari. Infatti l'ARO si adattava benissimo agli scopi bellici per via del ridotto ingombro, lunga autonomia e soprattutto per la sua silenziosità (dovuta all' assenza di bolle al boccaglio). In pratica l'ARO è un autorespiratore a circuito chiuso in grado di riutilizzare il gas respirato dal subacqueo. È costituito da un sacco polmone in materiale elastico, un filtro interno per l'alloggiamento della calce sodata, una o più bombole di ossigeno di piccole dimensioni (2/3 litri) raccordate al sacco per mezzo di una valvola by-pass. Il sub inspira l'ossigeno dal polmone per mezzo di un boccaglio collegato ad un tubo corrugato collegato ad un rubinetto a due vie, poi espira sempre all'interno del sacco dove il filtro a calce sodata ha il compito di fissare chimicamente l'anidride carbonica. L'ossigeno consumato dal metabolismo porta ad una progressiva diminuzione del volume del "sacco polmone" che si ripristina prelevando ossigeno dalla bombola: manualmente tramite un dispositivo manuale detto "By-Pass"od automaticamente per mezzo di un erogatore a domanda. È fondamentale, prima dell'uso, eliminare residui d'aria sia dal sacco polmone sia dai polmoni del subacqueo stesso mediante una manovra detta "lavaggio". Durante la Seconda Guerra Mondiale era utilizzato dalla Marina Italiana per compiere sabotaggi e porre sotto le chiglie delle navi nemiche delle mine esplosive tarate ad un tempo deciso dall'incursore.


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