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Le navi dei veleni


L'espressione «nave dei veleni» è usata per indicare qualsiasi tipo di imbarcazione che trasporti merce particolarmente pericolosa e nociva, la quale viene deliberatamente affondata.

Sono navi cariche di rifiuti tossici altamente pericolosi affondate nel Mar Mediterraneo dalla ‘ndrangheta con la complicità di imprenditori e con la copertura dei servizi segreti deviati.

Il primo ad indagare sul fenomeno fu il capitano Natale De Grazia della marina militare, morto in circostanze misteriose nel 1995 mentre si recava a La Spezia per riferire sulle indagini in merito alle navi dei veleni. Dalla fine degli anni '70 sarebbero almeno 30 le navi affondate nel Mediterraneo in circostanze ambigue. Gli inquirenti da tempo sospettano un nutrito traffico di rifiuti pericolosi dal Nord Europa verso la costa del basso Tirreno e dai Paesi dell’Africa verso le coste italiane. Sin dagli anni Settanta, complice la carenza legislativa nazionale ed internazionale, il nostro Paese fa ricorso al dumping ambientale per liberarsi dei propri rifiuti industriali. Il Sud del mondo è il principale destinatario delle sostanze più velenose e più costose da smaltire: Somalia, Guinea, Mozambico, Libano etc. Negli anni Ottanta le proteste ambientaliste e dei Paesi vittime dei traffici spingono le Nazioni Unite e i Paesi esportatori a riprendersi i rifiuti: partono dall’Italia diverse navi con il compito di rimediare al grave imbarazzo internazionale. Tra queste la Jolly Rosso, la Zanoobia, la Keren B vengono ingaggiate dal governo italiano per rimpatriare le sostanze tossiche esportate: verranno ricordate come le navi dei veleni. Tali navi vengono affondate volutamente insieme al loro carico di morte: un salto di qualità nella strategia criminale, perché si truffa l’assicurazione e si fa piazza pulita in un colpo solo di scorie tossiche e radioattive. Dagli anni Ottanta, come spiegano i tanti magistrati impegnati nel difficile lavoro di indagine, si muove su uno scenario internazionale una vera e propria holding con forti agganci economici ed istituzionali nei diversi Paesi. Grazie al coinvolgimento di imprenditori, faccendieri, massoni, pezzi di servizi segreti deviati, esponenti politici e criminalità organizzata prende piede quello che molti definiscono “intrigo radioattivo”. Sta di fatto che sono tante le navi che affondano in maniera sospetta, senza lanciare may day, con carichi e destinazioni sospette. Navi che scompaiono dai radar, insieme ai loro equipaggi, senza motivo e proprio nei punti più profondi dello Jonio o del Tirreno. Navi che secondo testimonianze e documenti investigativi risultano essere state caricate di rifiuti tossici e/o radioattivi. Fino ad oggi non si è mai recuperato alcuno dei relitti sospetti e nessuno sa quali misteri nascondano. Come è emerso in diverse inchieste, spesso ai traffici di rifiuti si sono intrecciati quelli delle armi: con ogni probabilità, proprio indagando su una di queste piste in Somalia sono stati uccisi nel 1994 la giornalista Ilaria Alpi e il suo operatore. In conclusione, il Mar Mediterraneo è diventato la tomba di veleni, grazie alla collaborazione tra mafia, imprenditori e istituzioni.

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Indirizzo e-mail: caretheoceans@gmail.com

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Numero di telefono e Whats app: 3275941319

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