La foca monaca mediterranea (Monachus monachus).
E’ un mammifero pinnipede della famiglia delle foche. È una specie minacciata di estinzione, di cui sopravvivono in natura meno di 700 esemplari. Le caratteristiche somatiche della foca monaca sono analoghe a quelle delle altre Phocidae: corpo allungato, irregolarmente cilindrico, rivestito da uno spesso strato adiposo ricoperto da un fitto pelo corto, vellutato, impermeabile all'acqua. La pelliccia è di colore nero nel maschio o marrone o grigio scuro nella femmina, più chiara sul ventre che può essere fino a bianca nel maschio.
Gli arti anteriori sono trasformati in pinne mentre quelli posteriori costituiscono un'unica pinna posteriore.
Ha una lunghezza da 80 a 240 cm e può raggiungere i 320 kg di peso; le femmine sono un po' più piccole dei maschi.
Hanno la testa piccola e leggermente appiattita ed orecchie esterne prive di padiglione auricolare. Il muso è provvisto di alcuni baffi lunghi e robusti detti vibrisse. La vita della foca monaca si svolge soprattutto in mare; durante il periodo riproduttivo predilige i tratti di mare vicini alle coste dove cerca spiagge isolate prevalentemente in grotte o piccoli anfratti accessibili solo dal mare, perché il parto e l'allattamento si svolgono esclusivamente sulla terra ferma. Dorme in superficie in mare aperto o utilizzando piccoli anfratti sul fondale per poi risalire periodicamente a respirare. Si nutre di molluschi cefalopodi, patelle, crostacei e pesci, soprattutto bentonici, come murene, corvine, cernie, dentici e mostelle. Anche durante le soste a terra la foca rimane vicinissima al mare, anche perché i suoi movimenti sono lenti ed impacciati.
Si spostano anche di alcune decine di chilometri al giorno alla ricerca del cibo, con immersioni continue; sono state registrate immersioni a 90 metri di profondità ma è probabile che possa superare facilmente alcune centinaia di metri di profondità durante immersioni effettuate per la ricerca di prede.
I maschi adulti sono fortemente territoriali e, nel periodo riproduttivo che coincide generalmente con i mesi autunnali, si scontrano frequentemente con altri maschi. Le femmine raggiungono la maturità sessuale a 5/6 anni, hanno un ciclo di riproduzione di circa 12 mesi e partoriscono, di solito tra settembre e ottobre; allattano, in grotte vicinissime al mare o in spiagge riparate, un cucciolo all'anno, lungo 88–103 cm e pesante 16–18 kg.
I giovani entrano in acqua già a pochi giorni dalla nascita. L'allattamento si protrae sino alla dodicesima settimana, ma la femmina lascia il suo cucciolo incustodito già dopo le prime settimane di vita, per tornare ad allattarlo periodicamente. I giovani tendono ad abbandonare il gruppo originario ed a disperdersi anche lontano dal luogo di nascita. Raggiungono la maturità sessuale intorno ai 4 anni. La foca monaca vive dai 20 ai 30 anni.
L'areale della foca monaca un tempo comprendeva tutto il Mediterraneo, il Mar Nero, le coste atlantiche di Spagna e Portogallo, il Marocco, la Mauritania, Madera e le Isole Canarie; foche erano segnalate spesso anche nella costa sud della Francia.
La foca monaca veniva catturata per essere esibita in pubblico e, a differenza di quella comune, era molto più addomesticabile. Hermann descrisse la specie nel 1778 quando una truppa veneziana che esibiva in pubblico una foca catturata con le reti nell'autunno del 1777 nell'isola di Cherso giunse a Strasburgo. Il Buffon, naturalista famoso, trovò un'altra foca a Parigi, sempre proveniente da Cherso e ignorando la scoperta del Hermann la classificò per conto suo come Phoque a ventre blanc ovvero Phoca albiventer. Evidentemente Cherso divenne il locus classicus della specie grazie ad una ben orchestrata campagna di cattura veneziana. Nel corso del '900 l'areale si è fortemente ridotto a causa delle persecuzioni dirette e la foca monaca sopravvive in poche isolate colonie in Grecia, isole della Croazia meridionale, Turchia, nell'arcipelago di Madera, in Marocco e Mauritania. Occasionalmente vengono avvistati individui in dispersione lungo le coste di quasi tutti i paesi mediterranei.
Anche dopo il 2000 comunque si sono avuti sporadici avvistamenti di animali isolati nel Canale di Piombino, a Montecristo, sulle coste della Provincia di Lecce a sud di Otranto[3], nella Liguria di Levante, nel breve tratto jonico della Basilicata e in Sicilia, ma con tutta probabilità si tratta di giovani in fase di dispersione. Le foche sono invece forse ancora presenti in Sardegna[4] e un giovane esemplare, imbrigliato nella rete di un pescatore, fu regalato intorno agli anni '60 allo zoo di Roma. Nel 2013 viene riavvistata nell'arcipelago siciliano, in particolare nelle Isole Egadi. La fortissima diminuzione delle popolazioni, dovuta prevalentemente all'intervento umano, ha ridotto questi pinnipedi a piccoli gruppi familiari e individui isolati. L'unico luogo del mondo dove la specie è presente in numero sufficiente per formare ancora una colonia è Cabo Blanco, in Mauritania.
Secondo una stima dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura della foca monaca sopravvive una popolazione di appena 600-700 esemplari: circa 200 concentrati nell'Egeo e nel Mediterraneo sudorientale, 20-30 nel Mar Ionio, 10-20 nel Mare Adriatico, una decina nel Mediterraneo centrale, dai 10 ai 20 nel Mediterraneo occidentale e meno di 300 in Atlantico. La specie è pertanto da considerarsi in rischio di estinzione.
La Società Zoologica di Londra, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Monachus monachus (anche nota come Foca Monaca) una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
La specie è inserita nella Appendice I della Convention on International Trade in Endangered Species (CITES).
Nel 1987 per salvaguardare la colonia di foche della grotta del Bue marino, nel golfo di Orosei, fu varato un decreto, firmato dal ministro dell'ambiente Mario Pavan che vietava la pesca e la navigazione con qualsiasi mezzo nel golfo stesso. Nonostante le molteplici minacce, gli sforzi per la conservazione hanno dato frutti, infatti la popolazione è in continuo aumento e nel 2015 l'IUCN ha spostato la specie da in pericolo critico a in pericolo.