Artico e Italia: una storia centenaria
L’Italia e l’Artico hanno alle spalle una lunga storia risalente al 1899, quando il Duca degli Abruzzi, a bordo della Stella Polare, salpò da Arcangelo per approdare nella Terra di Francesco Giuseppe e da lì raggiungere il polo, a bordo di slitte trainate da cani. La spedizione non riuscì a raggiungere l’obiettivo, ma arrivò a latitudini mai toccate prima. Nel 1926 Umberto Nobile attraversò per la prima volta il Mar Glaciale Artico (o Oceano Artico) dall'Europa all'Alaska, partendo da Roma, insieme al norvegese Roald Amundsen e allo statunitense Lincoln Ellsworth a bordo del dirigibile Norge progettato dallo stesso Nobile. Arrivati per la prima volta nella storia nei pressi del polo nord geografico, i tre esploratori calarono dal dirigibile le rispettive bandiere nazionali. Nobile ripeté l’impresa due anni dopo a bordo del dirigibile Italia, sorvolando quattro volte il polo, facendo base a Baia del Re. Obiettivo: esplorare zone sino ad allora sconosciute effettuando rilievi scientifici. Sulla via del ritorno il dirigibile si schiantò sul pack, a nord delle Isole Svalbard, causando la morte di metà equipaggio. L’incidente fu causato da una forte corrente che spirava a nord delle Svalbard verso la Terra di Francesco Giuseppe: tale corrente, sconosciuta sino ad allora, venne soprannominata Italia, in onore della spedizione che ne provò l’esistenza.
Le spedizioni di Nobile possono essere considerate le prime missioni scientifiche italiane nell’Artico, avendo gettato le basi per l’approfondimento in quel contesto di materie come l’oceanografia, la meteorologia, la geografia e la geofisica. Grazie a Nobile, l’Italia scopriva la sua “dimensione nordica”. Le azioni congiunte con altri Stati, artici e non, per trarre in salvo i superstiti del dirigibile Italia rappresentano inoltre il primo esempio di cooperazione internazionale in condizioni meteorologiche estreme: Amundsen stesso perse la vita nel tentativo di prestare soccorso ai superstiti. L’attività di Nobile non si limitò alle due spedizioni. Fu invitato in Russia per prendere parte al viaggio che il rompighiaccio Malyghin avrebbe intrapreso nella regione della Terra di Francesco Giuseppe per effettuare osservazioni oceanografiche e meteorologiche. Al ritorno, si fermò a Mosca per esaminare alcuni progetti di aeronavi, rimanendovi sei anni, supervisionando e dirigendo la costruzione di dirigibili, sotto la direzione dell’Aeroflot russa.
La multiforme presenza italiana nell’Artico è testimoniata anche, fra gli altri esempi, dagli studi di Silvio Zavatti, esploratore e antropologo italiano che ha dedicato la sua vita allo studio dei popoli del Nord, in particolare degli Inuit, fondando l’Istituto Geografico Polare Silvio Zavatti, che gestisce il Museo Polare di Fermo, l'unico museo esistente in Italia interamente dedicato alle regioni artiche, e che pubblica regolarmente la rivista Il Polo. Zavatti organizzò tra il 1961 e il 1969 cinque spedizioni nella regione, in particolare tre in Canada, una in Lapponia e una in Groenlandia. I suoi studi etnografici contribuiscono all’arricchimento del Museo Polare. Negli anni Sessanta il conte Guido Monzino, imprenditore milanese, effettuò missioni polari partendo dalla Groenlandia, dove è tuttora ricordato con grande simpatia. Nel 1970, si spinse da Qaanaaq a Cape Columbia (Canada) e nel 1971, dopo una missione di sei mesi, con il supporto di sherpa locali raggiunse il polo nord. Le sue imprese sono illustrate nel Museo delle Spedizioni di Villa Balbaniello sul lago di Como.
La storia dell’Italia nell’Artico è quindi centenaria e la presenza del nostro Paese è andata costantemente aumentando. Grazie al lavoro di Nobile, alla successiva istituzione di una base scientifica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) nelle Isole Svalbard (Stazione Artica Dirigibile Italia), alle spedizioni oceanografiche artiche della nave da ricerca OGS Explora, nonché all’attività di numerose aziende italiane, tra cui Eni e Finmeccanica, la candidatura dell’Italia al Consiglio Artico in qualità di Paese osservatore è stata accolta nel 2013. L’Italia del resto può considerarsi, nel novero dei Paesi non artici, uno fra i più attivi nella regione.
Alle motivazioni che legittimano la presenza italiana nella regione si affiancano considerazioni legate alle sfide cui l'Artico si deve oggi confrontare, che in larga parte derivano dal fenomeno del riscaldamento globale - i cui effetti si ripercuotono in maniera evidente anche sulla regione.