I sommergibili italiani fra le due guerre mondiali
- Nicola Di Battista - Care The Oceans
- 14 feb 2018
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Nel periodo fra le due guerre poche sono le innovazioni tecniche sostanziali apportate al sommergibile, ormai evoluto. Oltre all'irrobustimento dello scafo, reso idoneo a scendere sotto i cento metri, al miglioramento delle sistemazioni di salvataggio e dall'adozione di telecomandi oleodinamici, rilevante é lo studio di un'importante apparecchiatura che, utilizzata realmente solo a partire dalla metà della 2^G.M., rimarrà poi strumento fondamentale per il moderno sottomarino a propulsione convenzionale: lo "snorkel", un sistema che, fornendo una comunicazione con l'atmosfera al sommergibile immerso a quota periscopica, consente l'uso dei motori diesel (e, quindi, la ricarica delle batterie) ed il ricambio dell'aria nel battello senza necessità di risalire in superficie, conservando così in massima parte l'occultamento. L'invenzione dello snorkel viene generalmente attribuita ai tedeschi, che per primi lo impiegarono in guerra, sul finire del 1943; i più informati ne fanno risalire l'origine agli olandesi, che lo istallarono sui loro battelli della classe "O" negli anni fra il '37 ed il '40. In realtà, lo snorkel è un invenzione italiana. Fu, infatti, il Maggiore del Genio Navale Pericle Ferretti a condurre i primi studi, intorno al 1920, presso l'Arsenale di Taranto. Egli stesso, poi, realizzò un prototipo che nel 1925 fu felicemente sperimentato sul Smg. "H3" (uno dei battelli acquistati in Canada durante la 1^ G.M.). In Italia, dopo la stasi del primo dopoguerra, la costruzione di sommergibili riprende nel 1925. La progettazione é indirizzata verso due tipi di battelli, "oceanici" e "costieri" (rispettivamente sopra e sotto il migliaio di tonnellate di dislocamento), secondo le indicazioni tratte dall'esperienza bellica. Vengono così realizzati dapprima dei prototipi in piccola serie (cl. "MAMELI", "PISANI", "BALILLA 2°" ed altri), i quali consentono la sperimentazione per i progetti successivi. Poi, soprattutto negli anni '30, sotto la spinta degli eventi politici mondiali, la produzione viene intensificata a tal punto che, nel 1940, la Marina italiana entra in guerra con 115 sommergibili: una delle maggiori flotte subacquee del mondo. In essa, oltre ad alcuni altri prototipi, si contano ben nove classi di battelli oceanici ed otto di unità costiere. Particolarmente riuscita si dimostrerà la "classe 6OO" nelle sue diverse serie, prodotta anche per Marine straniere. Nella 2^ Guerra Mondiale l'importanza del sommergibile cresce sensibilmente; l'estensione intercontinentale del conflitto rende vitali le comunicazioni su tutti i mari e, di conseguenza, la guerra sottomarina assume un ruolo primario.
Mentre le costruzioni si susseguono a ritmo serrato (nel corso della guerra l'industria nazionale produrrà ancora una trentina di battelli di linea, oltre a 22 "tascabili"), le prestazioni dei sommergibili vengono vieppiù migliorate. Aumenta l'autonomia, che nei battelli oceanici raggiunge le 20.000 miglia, così come l'armamento (fino a 14 tubi di lancio e 40 siluri). Il siluro si perfeziona e diventa più affidabile. La quota massima scende oltre i 130 metri. La velocità in superficie raggiunge i 20 nodi. Per il combattimento in superficie, al cannone si aggiungono mitragliere antiaeree. Per contro, anche le tecniche di lotta antisommergibile si affinano. L'elettronica fornisce mezzi di localizzazione subacquea ("ASDIC") più efficienti mentre le bombe di profondità diventano più micidiali.L'aereo, poi, si rivela l'avversario più temibile per il sommergibile. Comunque, fino al 1942 il successo dell'offesa sottomarina è elevatissimo. Come nella I Guerra Mondiale, l'efficacia maggiore si trova ancora in Atlantico, teatro favorevolmente ricco di traffico, dove operano sommergibili italiani e tedeschi. I battelli italiani, che prima della costituzione della base a Bordeaux ("Betasom") dovevano forzare lo stretto di Gibilterra, vengono di norma impiegati isolatamente nell'Atlantico centrale e meridionale, dove il traffico è meno intenso e fortemente scortato. Ciò nonostante, i risultati non mancano: quasi 600 mila tonnellate di naviglio affondato con un "exchange rate" (ossia, il rapporto fra tonnellate di naviglio affondato e battelli perduti) praticamente uguale per entrambe le Marine. La guerra che i nostri battelli combattono in Atlantico è dura, con missioni lunghe ed estenuanti, ma condotta sempre con tenacia e, soprattutto, con umanità, com'è testimoniato dagli episodi, alcuni famosi, di generosità verso i naufraghi. In Mediterraneo ed in Mar Rosso i nostri sommergibili si trovano ad affrontare quasi esclusivamente naviglio militare, sotto una pressione aerea pressoché costante; i risultati, perciò non sono vistosi ma certamente significativi. Fra i principali successi, l'affondamento, in azioni diverse, di quattro incrociatori inglesi. In Mar Nero opera un piccolo gruppo di battelli "Tascabili" trasportati fino là per ferrovia; i risultati piu' importanti sono l'affondamento di tre sommergibili sovietici. Degne di menzione, fra le tante, sono indubbiamente anche le audaci operazioni a supporto dei nostri "mezzi d'assalto", in particolare quelle compiute dal Smg. " SCIRE' " che, dopo i successi di Gibilterra e di Alessandria, si perde, con tutto il suo equipaggio e con gli "incursori", nelle acque di Haifa mentre, nell'agosto del '42, conduce un'altra missione speciale. E, ancora, la vicenda del Smg. "TORRICELLI" che, nel '40, in Mar Rosso, nell'impossibilità di immergersi, sostiene uno strenuo combattimento in superficie contro soverchie forze avversarie e, dopo aver colpito a morte un cacciatorpediniere inglese, per evitare la cattura si autoaffonda, riscuotendo dal nemico gli onori militari. Dopo il 1942, la crescente efficacia della lotta "antisom" sovverte le sorti della guerra subacquea. Sono soprattutto il radar e l'uso intensivo dell'aereo a contrastare il sommergibile, che risulta sempre più vulnerabile, specialmente in superficie. Si adottano, così, nuove misure, come la riduzione del volume delle sovrastrutture e la revisione dei criteri d'impiego e delle tattiche operative. Alcuni battelli oceanici vengono ritirati dalla linea ed adattati al trasporto. I tedeschi ricorrono allo snorkel ed approntano una sorta di intercettatore di onde radar. Ormai, però, il sommergibile non riesce più ad ottenere i risultati di prima, mentre le perdite si fanno più ingenti, fino a superare il numero di navi affondate. Alla data dell'8 settembre 1943, la forza subacquea italiana, che nel corso del conflitto aveva acquisito fino a 184 battelli, è ridotta a 54 unità, delle quali soltanto 34 sono in grado di muovere; queste, in base alle clausole d'armistizio, passano ad operare con gli Alleati con funzioni prevalentemente addestrative e, alla fine della guerra, vengono demolite o consegnate ai vincitori in conto riparazioni di guerra. Rimangono solo i Smgg. "GIADA" e "VORTICE", salvati dalla distruzione con vari espedienti.