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La microplastica finisce intrappolata nei ghiacci dell’Artico


Il ghiaccio è «un serbatoio primario» di particelle inquinanti prodotte dall’umanità, sciogliendosi le rilascia negli oceani.

Migliaia di miliardi di frammenti di plastiche e altri rifiuti sintetici: è ciò che potrebbero nascondere i ghiacci dell’Artico, pronti a rilasciarli nell’ambiente via via che il riscaldamento globale li porta allo scioglimento. Sono le conclusioni di una nuova ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Earth’s Future e riprese da Science. Sono le microplastiche, particelle inquinanti inferiori ai 5 millimetri di lunghezza, quelle che formano l’isola di plastica del Pacifico, detta anche Grande chiazza d’immondizia del Pacifico. La notizia-choc, secondo la squadra di ricercatori anglo-americana, è che non solo la concentrazione di microplastiche intrappolate nei ghiacci dell’Artico è superiore a quella presente nell’acqua degli oceani (pari a 46 mila pezzi al chilometro quadrato secondo una stima Onu), ma sarebbe mille volte superiore anche a quella che, secondo alcune stime, forma l’isola di plastica. Il ghiaccio sarebbe quindi, secondo gli autori, «un serbatoio primario» di particelle inquinanti antropogeniche. I risultati dello studio aiutano senza dubbio a capire dove queste vanno a finire. Le microplastiche vengono trascinate verso l’Artico dalle correnti. La scienza ha accertato che il ghiaccio dell’Artico si sta sciogliendo a livelli record negli ultimi anni – il picco storico della minore superficie ghiacciata estiva è stato raggiunto a settembre 2012, lo stesso anno in cui l’umanità ha prodotto quasi 300 milioni di tonnellate di plastica (di cui meno del 5% è stato riciclato). I ricercatori, rifacendosi a modelli climatici secondo cui il declino nel volume del ghiaccio artico si attesta al 3,4% per decennio, hanno calcolato che, ai tassi attuali, oltre mille miliardi di microplastiche saranno liberate nel mar Glaciale artico e disperso nel pianeta attraverso gli oceani nel giro dei prossimi dieci anni. I ricercatori hanno basato le analisi su campioni di ghiaccio raccolti in diverse spedizioni polari effettuate tra il 2005 e il 2010. Le particelle inquinanti rinvenute sono generate dai rottami dei rifiuti di ciò che è fatto di plastiche e altri derivati del petrolio, ma anche da diversi materiali sintetici o semi-sintetici, tra cui il più comune è risultato essere il rayon (54%) – utilizzato nei filtri delle sigarette, nell’abbigliamento e nei prodotti d’igiene personale - seguito da poliestere (21%), nylon (16%) e altri. I potenziali danni ecologici della contaminazione da microplastica (così definita anche se, appunto, non tutti i materiali sono necessariamente plastici) devono ancora essere valutati, in particolare gli effetti tossici sulla vita acquatica. Certamente andrà anche a nutrire la «plastisfera», la comunità di microrganismi dalle caratteristiche «aliene» che abitano le isole di plastica galleggianti sui mari. Un recente studio ha evidenziato che queste microcomunità di super-colonizzatori ospitano anche batteri conosciuti come nocivi per gli animali e per l’uomo.


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