Le anguille elettriche ispirano nuove batterie per applicazioni biologiche nel corpo umano
Un team di ricercatori svizzeri dell’Institut Adolphe Merkle dell’Université de Fribourg, e statunitensi delle università del Michigan e della California – San Diego, ha sviluppato una fonte di energia che si ispira all’anguilla elettrica e la illustra nello studio “An electric-eel-inspired soft power source from stacked hydrogels” pubblicato su Nature, dimostrando che »delle batterie auto-alimentate utilizzate per delle applicazioni biologiche, come dei pacemaker o delle protesi, potrebbero diventare una realtà». L’anguilla elettrica ha dato ai ricercatori l’idea: impiantare nel corpo umano delle fonti di energia autoricaricabili per dispositivi quali degli stimolatori cardiaci, dei sensori, delle protesi o anche delle pompe per somministrare de medicinali. All’università di Friburgo spiegano che l’integrazione di tecnologie dentro un organismo vivente richiede, in effetti, una fonte di energia biocompatibile, flessibile e in grado di ricaricarsi all’interno dello stesso sistema biologico. La generazione di elettricità all’interno del corpo eliminerebbe in alcuni casi la necessità di interventi chirurgici sostitutivi e potrebbe anche fornire energia per dispositivi indossabili come lenti a contatto elettricamente attive con display integrato. L’organo elettrico dell’anguilla è composto da cellule lunghe e fini, gli elettrociti, disposte in serie che si estendono sull’80% della lunghezza del corpo dell’animale. Controllata dal sistema nervoso dell’anguilla, ciascuna di queste cellule genera una debole tensione permettendo agli ioni di sodio di precipitare all’interno della cellula e agli ioni di potassio di uscirne. Questa tensione aumenta grazie alle cellule disposte in serie, permettendo all’anguilla di raggiungere fino a 600 Volt. Il team di ricerca guidato dal biofisico Michael Mayer dell’Institut Adolphe Merkle ha quindi progettato una fonte di energia che si basa sullo stesso principio, generando elettricità grazie alla differenza di salinità tra dei compartimenti di acqua salata e di acqua dolce separati da separati da membrane ionoselettive. «Mettere questi compartimenti e queste membrane in sequenze ripetute centinaia di volte, un po’ come le batterie di una torcia, permette di generare fino a 110 volt, partendo solo dal sale e dall’acqua – spiegano ancora i ricercatori svizzeri e americani – Ogni componente di questa fonte di energia è costituito da un idrogel, una gabbia polimerica dall’aspetto solido che contiene acqua e che lascia passare gli ioni di sale. Questi componenti possono essere assemblati su delle pellicole di plastica trasparente utilizzando una stampante 3D. Come l’anguilla, la fonte di energia è costituita da singoli compartimenti di piccola capacità». L’anguilla innesca questo processo e genera la tensione grazie al suo sistema nervoso, mentre i ricercatori lo fanno più efficacemente mettendo simultaneamente in contatto tutte le cellule stampate, grazie a una tecnica di piegamento della pellicola stampata, che originariamente era stata sviluppata per sviluppare dei pannelli solari utilizzabili nello spazio. Mayer avverte che «I risultati sono ancora lontani dal raggiungere le capacità delle anguille. La più grande sfida sarà quella di sfruttare l’energia metabolica del corpo, per esempio mobilitando le differenze di ioni in diverse zone, come i fluidi gastrici, o convertendo l’energie meccanica dei muscoli in energia elettrica, che potrebbe essere stoccata e in seguito essere diffusa da un organo elettrico artificiale».