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La tutela della biodiversità

La protezione dell’ambiente marino si inserisce in un contesto di strategie e politiche volte alla “protezione della biodiversità” e allo “sviluppo sostenibile” che trovano nella Convenzione di Rio e negli accordi conseguenti la loro origine. Il presente box approfondisce come gli organismi e gli enti hanno a diverso titolo affrontato e attuato tali strategie. ° Convenzione per la diversità biologica (UNEP, 1993) = La Convenzione sulla diversità biologica (CBD, Convention on Biological Diversity) è un trattato internazionale il cui fine è quello di tutelare la diversità biologica (o biodiversità) e l'utilizzazione durevole dei suoi elementi. La Convenzione, aperta alla firma nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992 ed entrata in vigore nel dicembre 1993, riconosce che la conservazione e l'utilizzo sostenibile della diversità biologica sono due elementi indispensabili per conseguire uno sviluppo sostenibile e per realizzare gli obiettivi di sviluppo in materia di povertà, salute e ambiente. Di conseguenza, la diversità biologica è riconosciuta come risorsa globale di enorme valore per le generazioni presenti e future, in quanto essenziale per la redditività a lungo termine delle attività agricole e alieutiche ed alla base di numerosi processi industriali e della produzione di nuovi medicinali. Nell’Articolo 2 della Convenzione la diversità biologica viene definita come “la variabilità degli organismi viventi di qualsiasi origine, inclusa, tra l'altro, quella terrestre, marina e di altri ecosistemi acquatici ed i sistemi ecologici di cui fanno parte, questo include la diversità all'interno delle specie, tra le specie e degli ecosistemi”. La Convenzione promuove il principio che gli Stati sono responsabili della conservazione della diversità biologica nel loro territorio e dell'utilizzazione durevole delle loro risorse biologiche. Conformemente alla carta delle Nazioni Unite e ai principi del diritto internazionale, gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le loro risorse applicando la propria politica ambientale e hanno il dovere di fare in modo che le attività esercitate sotto la loro giurisdizione o il loro controllo non pregiudichino l'ambiente di altri Stati o di regioni che si trovino al di fuori della giurisdizione nazionale. ° La Direttiva Habitat (CE, 1992) La Direttiva Habitat (92/43/CEE), insieme alla Direttiva Uccelli (79/409/CEE) = costituiscono il pilastro della politica comunitaria europea per la conservazione della natura e comporta l’obbligo di resoconto periodico dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario. La Direttiva Habitat ha inoltre il merito di segnare la nascita di un altro grande strumento per la conservazione della biodiversità comunitaria: la Rete Natura 2000, che ha istituito Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Siti di Interesse Comunitario/Zone Speciali di Conservazione (SIC/ZSC). La rete Natura 2000 oggi rappresenta circa il 18 % del territorio terrestre dell’UE. Gli allegati I e II della direttiva contengono i tipi di habitat e le specie la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. Alcuni di essi sono definiti come tipi di habitat o di specie «prioritari» (che rischiano di scomparire). Nelle zone speciali di conservazione, gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per garantire la conservazione degli habitat e per evitarne il degrado nonché significative perturbazioni delle specie. Spetta inoltre agli Stati membri: - favorire la gestione degli elementi del paesaggio ritenuti essenziali per la migrazione, la distribuzione e lo scambio genetico delle specie selvatiche; - applicare sistemi di protezione rigorosi per talune specie animali e vegetali minacciate e studiare l’opportunità di reintrodurre tali specie sui rispettivi territori; - proibire l’impiego di metodi non selettivi di prelievo, di cattura e uccisione per talune specie vegetali ed animali. Entrambe le Direttive (Habitat ed Uccelli) interagiscono, per quanto riguarda gli ambienti di acque interne e costieri, con la Direttiva acque 2000/60 CE. Infatti, per quanto riguarda le aree protette istituite per la tutela di habitat e di specie dipendenti dall’ambiente acquatico, la Direttiva acque prevede il loro inserimento in uno o più registri e, nel caso di Siti Natura 2000, il raggiungimento degli obiettivi di conservazione previsti dalle direttive Habitat e Uccelli. ° La Strategia sulla biodiversità fino al 2020 (2011/2307 - INI) = L'Unione Europea ha adottato una strategia per proteggere e migliorare lo stato della biodiversità in Europa; la Strategia risponde ai due grandi impegni assunti dai leader europei nel marzo 2010: arrestare la perdita di biodiversità nell'UE entro il 2020 e proteggere, valutare e ripristinare la biodiversità e i servizi ecosistemici nell’UE entro il 2050. La Strategia prevede sei obiettivi in relazione alle principali cause della perdita di biodiversità che permetteranno di ridurre gli impatti sulla natura: 1) conservare e ripristinare l’ambiente naturale; 2) preservare e valorizzare gli ecosistemi e i loro servizi; 3) garantire la sostenibilità dell'agricoltura e della silvicoltura; 4) garantire l’uso sostenibile delle risorse alieutiche; 5) combattere le specie esotiche invasive; 6) gestire la crisi della biodiversità a livello mondiale. ° La Strategia Nazionale per la Biodiversità (Italia, 2010) = Nel 2010, anno internazionale della biodiversità, l’Italia si è dotata per la prima volta di una Strategia Nazionale per la Biodiversità, la cui elaborazione si colloca nell’ambito degli impegni assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione sulla Diversità Biologica avvenuta con la Legge n. 124 del 14 febbraio 1994. La Struttura della Strategia è articolata attorno a tre tematiche cardine: 1) biodiversità e servizi ecosistemici; 2) biodiversità e cambiamenti climatici; 3) biodiversità e politiche economiche. In relazione alle tre tematiche, l’individuazione dei tre obiettivi strategici (garantire la conservazione della biodiversità; ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e integrare la conservazione della biodiversità nelle politiche economiche e di settore), fra loro complementari, deriva da una attenta valutazione tecnico-scientifica che vede nella salvaguardia e nel recupero dei servizi ecosistemici e nel loro rapporto essenziale con la vita umana, l’aspetto prioritario di attuazione della conservazione della biodiversità. Gli obiettivi strategici mirano a garantire la permanenza dei servizi ecosistemici necessari alla vita, ad affrontare i cambiamenti ambientali ed economici in atto, ad ottimizzare i processi di sinergia fra le politiche di settore e la protezione ambientale. La Strategia Nazionale per la Biodiversità prevede l’elaborazione, ogni due anni, di un rapporto sull’attuazione e l’efficacia della Strategia stessa. A tal fine è stato predisposto un set preliminare di indicatori, costituito da 10 indicatori di stato che mirano a rappresentare e valutare lo stato della biodiversità in Italia e 30 indicatori di valutazione atti a valutare l’efficacia delle azioni svolte dal sistema paese nel raggiungimento degli obiettivi della Strategia.


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