Differenze tra LIS (Lingua Italiana dei Segni) e Dattilologia
Con il termine dattilologia (da 'dattilos', dito e 'logos' discorso, studio) ci si riferisce all'alfabeto. E’ fondato su configurazioni statiche delle mani, è uno dei mezzi di comunicazione visivo-gestuali più semplici: consiste, com'è noto, nel formare con le dita e la mano le lettere dell'alfabeto. L’alfabeto manuale, ora in uso, è caratterizzato dall'uso di una sola mano e dall'utilizzo esclusivo dello spazio neutro davanti al segnante come luogo di esecuzione. Nei metodi didattici la dattilologia è indispensabile per rendere comprensibile un nuovo vocabolo, e affianca la labiolettura per la comunicazione di parole con un'impostazione fonatoria simile per lo spelling delle parole di lingue straniere. Sotto esempio di dattilologia (o alfabeto manuale). Nella LIS, invece, la dattilologia è scarsamente usata rispetto alle altre lingue dei segni. In particolare la dattilologia è usata per i nomi propri che non possiedono un segno specifico (cognomi, nomi di città e luoghi geografici). La Lingua dei Segni (LIS) non è un codice comunicativo universale bensì esistono tante lingue dei segni quante sono le Comunità Sorde sul pianeta. Infatti, esattamente come le lingue vocali, le Lingue dei Segni sono nate spontaneamente quando i sordi hanno avuto la necessità di comunicare tra loro, di trasmettersi informazioni, esperienze, sentimenti. Ciascuna Lingua dei Segni ha poi sviluppato “caratteristiche proprie, legata alla particolare cultura in cui viene usata” (Caselli et al. 1994). Le Lingue dei Segni possiedono una grammatica e una sintassi, con regole precise che possono variare da una lingua dei segni all’altra. Il lessico delle Lingue dei Segni potenzialmente può esprimere qualsiasi concetto, concreto e astratto. Il fatto che usi delle immagini visive realizzate dalle mani anziché i suoni della voce, non significa assolutamente che i concetti esprimibili possono riferirsi solo ad una realtà concreta.